Payroll

In un’epoca in cui si rivendica la parità dei sessi l’opera Payroll non fa altro che mettere a nudo una pura e semplice verità. L’indipendenza economica non ha sganciato le donne da un desiderio recondito, quello di avere accanto un uomo ricco che si occupi di loro. I soldi sono ancora il più “potente afrodisiaco”, al punto tale da diventare uno degli attributi più significativi, se non l’unico, per iniziare una frequentazione. Ed è proprio in questo scenario che il Dio Denaro diventa per le donne quello che la Dea Bellezza è per gli uomini, l’unica regola da seguire per poter percepire un senso di potere, appagamento e gratificazione.

Cresciamo con fiabe della Disney e racconti di “due cuori e una capanna“ ma da grandi l’unica cosa che vogliamo sono principi e castelli imponenti.
In un’epoca in cui “consumo” è la parola d’ordine anche il concetto di amore viene tragicamente stravolto. Caratteristiche emotive ed affinità caratteriali cedono il passo a desideri materiali ed ideali estetici. Si guarda all’aspetto economico come fattore prioritario di benessere e come obiettivo a cui ambire velocemente e con il minor sforzo possibile.

E’ proprio in questa triste realtà moderna che quello che dovrebbe essere l’atto consacratorio di un amore romantico viene sostituito da un’altra forma di appagamento e di soddisfazione di bisogni intimi.
Cinismo? No solo cruda verità.

La donna ritratta in Payroll, coperta da gioielli di lusso, ne è il simbolo perfetto. Probabilmente sorride, credendo di avercela fatta, senza essersi ancora resa conto di essersi rinchiusa da sola in una gabbia triste in cui le emozioni vengono svendute, taciute e non ascoltate. Ecco allora che il luccichio catturato in questo fermo immagine assume un valore completamente diverso perché non importa quanto preziosa o tempestata di diamanti e pietre preziose possa essere, una gabbia è sempre una gabbia e ti impedirà di prendere il volo.

Ciò che era sogno diventa illusione. Ciò che doveva essere ricchezza si trasforma in povertà. La parola amore si traduce in solitudine.